Binescu e le incredibili avventure banali di Andrea Vlad Dumitrescu

CAPITOLO 1 PREMESSA

La forza di gravità tiene insieme ogni cosa, tutto ciò che per noi esiste, tutto ciò che potrebbe esistere e forse anche ciò che non può sussistere. Nella nostra società si ritiene che la forza di gravità consenta l’esistenza delle immense stelle giganti rosse così come delle varie particelle atomiche e sub atomiche. Ipotesi. La sfiga invece fa muovere tutto, questa è un’assoluta verità. Soprattutto quegli esseri che stanno tra l’immensamente grande e l’infinitamente piccolo. È la sfiga l’instancabile motore che muove tutte le cose.

Schema delle forze gravitazionali e centrifughe sulla superficie della Terra d’una massa a la balança d’Eötvös, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Esquema_Forces_E%C3%B6tv%C3%B6s.png

Ho maturato questa cosmica verità a fine anno domini 2013. Anno estremamente di merda. Mi sembra di essere Rocky, nel primo film, un gran bel film, che ne prende una marea e si ritrova sempre al tappeto; ma dal tappeto si rialza sempre. Io perdiana dopo i primi schiaffi dell’anno al tappeto ci sarei rimasto ben volentieri; ma non so perché mi ritrovo sempre in piedi a buscarne un altro po’. Come Rocky. Dice che ci vuole una gran forza di volontà a buscarle continuamente dalla vita e a rialzarsi tutte le volte, secondo me invece ci vuole solo sfiga. Tanta sfiga.

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La sfiga in me è più forte della “forza” in Luke Skywalker. Per avere un termine di paragone dovrei chiamare in causa la famiglia Stark del Trono di Spade. Se sommiamo la sfiga di ogni membro di quella famiglia per ogni stagione televisiva che si è succeduta nel tempo, e considerando che la somma delle singole sfighe produce un valore aggiunto da aggregare al risultato finale, allora potrei avere un valido termine di paragone. Non mi chiamo Stark ma di cognome faccio Dumitrescu. Un cognome che ha attirato la sfiga ben più di qualsiasi casata del nord di Westeros. Altro che Stark!

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Ad ogni modo io ora sono qua. Questo è il mio tavolo, questa è la mia sedia, quello è il mio quadro e quello il mio divano. Ho cercato tutta la vita di avere qualcosa di mio. Peccato che ora non me ne freghi assolutamente nulla. Forse non me ne era mai fregato nulla. Forse non siamo noi che scegliamo a seconda del momento, forse sono i momenti che scelgono attraverso noi. Forse è per questo che esistiamo. Ma chi se ne frega.

Salve, mi chiamo Andrea Vlad Dumitrescu e vengo da lontano. Come tutti. In verità starei scrivendo per me stesso, ed ho un motivo pratico per farlo. Ma come tutti quelli che scrivono non scriverei se non pensassi in qualche recondito anfratto del mio cervello, che prima o poi qualcun’altro mi leggerà. È come redigere un testamento, nel farlo hai un dubbio e una certezza: chissà quando verrà letto, ma sicuramente verrà letto. Certo, lo leggeranno in pochi. Non sono un sovrano di un vasto regno medievale e non ho diramazioni familiari in ogni casata nobiliare dall’Atlantico alle steppe russe, quindi lo leggeranno in pochi. Però a quei pochi interesserà molto. Chi leggerà questo scritto lo leggerà proprio come un testamento di un parente lontano da cui ci si aspetta qualcosa. Ovviamente si sa che chi l’ha scritto è morto, nemmeno sappiamo bene chi fosse né tanto meno ce ne importi poi molto, ma nonostante tutto da lui ci aspettiamo qualcosa. Chissà perché. Oppure quei pochi che mi leggeranno lo faranno tranquilli e beati come una farfalla che ondeggia leggera a mezzo metro da terra, e sul cui volo per un istante interferisce un legger soffio di vento. La variabile non calcolata di un algoritmo meraviglioso. Sia chiara una cosa: io non sono quello che scrivo, io sono quello che scrive.

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Sapete il 2033 è stato un anno strano. Sarà il rincoglionimento senile, sarà l’eccessivo accento che sto dando alla comprensione del “me stesso” e del “noi”, saranno tante cose tutte insieme più il valore aggiunto della loro unione, ma di certo il 2033 è stato davvero un anno strano. Il 2013 invece è stata un’annata di merda. Inutile girarci intorno con qualche eufemismo. È stata un’annata di merda e questo è ciò che è. Però sono vivo e ad anni di distanza ve ne parlo. Non è poi così poco.

Ora, per come la vedo io la numerologia è importante e siccome un qualche senso alle cose ed ai fatti il nostro status di essere umano ce lo impone, l’analisi di questo numero mi ossessiona. Non voglio passare per un neo-platonico, ma se “tutto è uno” e se ogni sua parte è viva e agisce all’interno di se stessa, allora anche l’anno di per sé stesso avrà una qualche discrezionalità sul tempo che ingloba e di cui ne è causa e conseguenza. Essenza e contenitore. Quel giro di Terra attorno al sole che secondo il nostro calendario corrisponde al 2013, è stato un giro decisamente monello.

Io vi parlerò di quella nefasta annata. Ve ne parlerò attraverso quegli eventi che mi hanno attraversato come una piccola e sommessa onda attraversa l’oceano prima di dissolversi sulla battigia di una tranquilla spiaggia, tra i minuscoli granelli di sabbia. Ve ne parlerò attraverso il resoconto scritto di quell’annata, resoconto da me medesimo redatto proprio tra il 28 e il 29 dicembre 2013. Voglio immergermi ancora in quei momenti del 2013 non solo per un genuino assaggio di un tempo passato, ma per la pratica motivazione di vedere su che basi presi una fondamentale decisione. In funzione di ciò io vi parlerò di quegli sciagurati eventi. E ve ne parlerò al presente come si conviene ad una vera e propria tragedia. Non pensiate che a voi quegli eventi non riguardino, vi riguardano in maniera decisiva. Altrimenti non sareste qua, in questo adesso, in questo momento e in questo luogo. Al presente, come d’altronde tutto è.

Vi porto nel 2013 attraverso questo datato resoconto, per meglio assaporare quel lato prettamente umano che ogni surrettizia incazzatura porta inesorabilmente in superficie. È qua che vi porto e qua che voi siete, nel 2013 di Andrea Vlad Dumitrescu. Nel mio 2013.

Va detto che alcuni momenti presenti sono già duri da affrontare una volta, figurarsi a riviverli. È anche per questo che il presente è così incredibilmente potente e affascinante. Perché passa. Passa attraverso un vortice di inafferrabili eventi che ti lasciano però la sensazioni di averli calcati ed afferrati. Tutto passa e in mano non ti rimane nemmeno la polvere di un qualcosa che credevi di abbrancare e padroneggiare. E così rimani immobile, a riflettere se tutto ciò sia realmente esistito e se tu ne hai fatto davvero parte. Sembra un po’ di rivedersi nel millepiedi della storiella di Lao Tzu.

Un millepiedi era felice, tranquillo; finché un rospo non disse per scherzo: “In che ordine procedono le tue zampe?”

Questo arrovellò a tal punto la sua mente, che il millepiedi giacque perplesso in un fossato riflettendo su come muoversi

(Lao Tzu)

Foto di Utko Lok da Pixabay

I momenti presenti sembrano le mille zampine del millepiedi, sembrano dare l’illusione che vadano tutte verso la medesima direzione. Eppure se ci fermiamo a cercare di afferrarli ci scivolano via come sabbia stretta in un pugno.

I momenti presenti sono degli incessanti sballottamenti di qua e di là così disorientanti da non sapere nemmeno quanti “io” esistano e qual voce verbale utilizzare per parlarne. Tra tempo presente e passato, tra modo indicativo e congiuntivo, tra condizionale e imperativo, io al contrario del millepiedi dico: in culo le coniugazioni verbali. Che mi sballottino pure dove vogliono, tanto quel che parla sono sempre io anche se non so spiegare come. Chi se ne frega. E ne voglio parlare al presente! Io non mi fermo a pensarci su. Sono come gli achei alle porte di Troia. Non speriate che mi ritiri. Io sono un salmone che nasce nell’acqua dolce di un fiume e che irrefrenabilmente cerca il suo sbocco. Io sono il salmone che neppure un istante si può fermare, perché laggiù distante mi aspetta il mare.

Foto di Pexels da Pixabay

CAPITOLO 19 L’INCIPIT

Vedete, mentre scorrono gli eventi tutto cambia. Cambiano le situazioni, cambiano i personaggi, io stesso cambio. Ma a volte c’è bisogno di sapere che qualcosa non è mai cambiato, che qualcosa è rimasto intatto. Sapere che quel qualcosa non è mai stato soggetto al mutamento è un aiuto a pensare che in fin dei conti un qualcosa di fisso ed immutabile ci sia. Lo si cerca perché se ne ha bisogno. Se quel qualcosa rimane, c’è un motivo per ritenere che rimarrà tutto. Compreso io. Ma quel che invece si nota è che l’io cambia con gli eventi di cui ne è causa e conseguenza. D’altronde io sono anche le mie speranze, i miei desideri, le mie aspettative. Sono il cumulo degli eventi che attraverso. Quelle stesse aspettative sono ben diverse a seconda del periodo, devo arguire che sono diverso anch’io a seconda del momento. Eppure c’è la surrettizia convinzione che anche con lo scorrere degli eventi, io sia pur sempre io. C’è questa ambigua certezza che di me ci sia pur sempre una parte che rimane “se stessa”, una parte non sottoposta al mutamento. I filosofi greci risolvevano ciò parlando di essenza, ovvero di quella parte dell’essere che soggetta agli eventi non cambia. Prendevano un cavallo e dicevano che indipendentemente dal cavallo specifico c’è un’essenza che caratterizza quell’essere e che essa non può essere mutata dagli eventi. I cavalli possono essere bianchi o neri, maculati o quant’altro, quindi l’essenza non è il colore; i cavalli possono essere di vari tipi, grossi, slanciati, alti e bassi ecc., quindi l’essenza non è la fattezza fisica. È vero che i cavalli hanno quattro zampe, ma se uno di loro si azzoppa e gli si amputa una zampa ciò non di meno non è che diventi un triciclo ma rimane pur sempre un cavallo. Quindi l’essenza non risiede nel numero delle zampe. E così per ogni sua caratteristica. Eppure parlavano dell’essenza del cavallo. L’essenza, quella parte che ci rende tali e che nonostante tutto non si distingue da tutto il resto. L’essenza che caratterizza l’essere “cavallo” a prescindere dagli eventi, che si mischia con l’essenza di essere quello specifico cavallo. Quello specifico essere.

Voglio risolvere il millenario dilemma. Io penso: qual è la mia essenza? Qual è la parte di me che non è mai cambiata durante gli eventi nefasti di questa annata? I discorsi che valevano per il cavallo valgono anche per me; in più posso vagliare in maniera propria anche i cambiamenti delle mie speranze e delle mie aspettative. Sicuramente lo posso fare con maggior precisione rispetto all’ipotizzare quelle di un cavallo. Non posso dire “io qua dentro ci vivo e quindi so meglio come funziono” altrimenti farei una distinzione che non mi è data fare allo stato attuale. Però come dire, su me stesso dovrei poter avere una consapevolezza maggiore che mi dovrebbe portare a fare ipotesi più coerenti.

Quindi: qual è la mia parte immutabile? Qual è la mia essenza? Cos’è che in questa annata di merda non è mai cambiato? Non è mai cambiato l’incipit delle mie email! Perbacco uno pensa a chissà che cosa andrà a trovare tramite la speculazione filosofica e poi trova questa stronzata! Allora, mi spiego meglio. Cerco un lavoretto da integrare ai “rimborsi” universitari? Accendo il computer e inizio a scrivere ai vari possibili datori di lavoro in questo modo:

Buongiorno,

mi chiamo Andrea Vlad Dumitrescu e vi scrivo per …

Cerco nuove informazioni per concorsi di altre università visto che il prof. Guidoppi ha rubato la tela a Penelope con sopra l’immagine sbiadita del mio contratto? E allora inizio l’email nel seguente modo:

Buongiorno,

mi chiamo Andrea Vlad Dumitrescu e vi scrivo per …

Son costretto a cambiare casa? Indipendentemente dalla contingente motivazione, io guardo gli annunci e poi inizio a scrivere:

Buongiorno,

mi chiamo Andrea Vlad Dumitrescu e vi scrivo per …

Volete altri esempi? Vi rendete conto che tristezza sovrumana, letteralmente sovrumana, è lo scoprire che la tua essenza risiede in un incipit del cazzo?

CAPITOLO 29 L’AEREO ULTRALEGGERO

Finalmente torno dalla Romania. Dopo il funerale di Pina ero rimasto nella terra dei miei genitori a sistemare varie questioni burocratiche legate alla successione dei beni di famiglia. Atterro a Peretola e subito dopo mi squilla il telefono. È Luca e mi avverte che Tiziano ha avuto un incidente. Rimango costernato. Poco dopo mi squilla ancora il cellulare. Decisi allora di cambiare suoneria. È Tonino e mi avverte che Tiziano ha avuto un incidente. Rimango costernato. Sono nel pullman, sto tornando a casa, squilla il cellulare. È Emiliano e mi avverte che Tiziano ha avuto un incidente.

Foto di jotoya da Pixabay
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Camaldoli.JPG

Tiziano ha avuto un incidente. Viaggiava nel suo aeroplanino, un ultraleggero atto a piccoli viaggi e a farti sentire padrone di uno spazio a cui pochi possono dare del “tu”. Non si conoscono bene le cause, si sa solo che l’aereoplanino è caduto in picchiata in mezzo ad una foresta, nel Casentinese. È caduto dopo aver da poco sorvolato l’eremo di Camaldoli e il santuario della Verna con la sua Basilica. Aveva passato il Quadrante e la chiesetta di San Francesco. Il santuario della Verna, meraviglioso ed imponente, umile e spartano. Com’è strano identificare con lo stesso attributo “spartano”, sia il perfetto ed inarrestabile soldato che l’umile e illuminato santo. Forse è il “poco” che ci riconduce all’essenza, che ci fa entrare nella comprensione della nostra contingenza. Tiziano si era sfracellato tra le foreste casentinesi. Non credo che le sue ultime parole da cosciente furono le stesse di San Francesco. O forse sì.

San Francesco d’Assisi (M.della Dormitio Virginis, dettaglio dell’affresco della Dormitio Virginis, XIV-XV secolo, Terni, Chiesa di S. Pietro); Autore: Silvio Sorcini ; tratto da wikipedia.it
Free image/jpeg, Resolution: 690×1140, File size: 333Kb, Ancient Greek Spartan drawing

Non morì là, là si sfracellò e basta. Per circa due ore rimase incastrato tra le lamine del piccolo aeroplano in fiamme. Non bruciò per due ore, bruciò quel tanto che bastò a fondere la sua carne con alcuni pezzi metallici del piccolo aeroplano. Lo estrassero a fatica e lo portarono in ospedale. Ospedale di Pisa, nel Centro Grandi Ustionati. Due ore stette là da solo mentre il metallo gli si saldava alla carne, alle sue ossa. Io sono qua, ora mangio e bevo; lui era là, ora non mangia e non beve. Non riuscivano a districare il suo corpo dalle lamine dell’aereo, entrambi completamente bruciati.

Quando era in ospedale c’era chi nutriva speranza, chi sperava che quella situazione finisse il prima possibile. C’era chi diceva che si sarebbe ripreso, chi non diceva nulla. Polmone perforato, vertebre andate, un braccio ed entrambe le gambe non risultavano più presenti, il volto inesistente, ustioni di terzo grado nel novanta per cento di quel che rimaneva. Coma farmacologico indotto perché l’avrebbe ucciso il solo dolore dell’essere vivo. Che paradosso. La morte è brutta per i vivi, non so per chi sta nel limbo, ma augurarla a qualcuno a te vicino è parecchio difficile. Non so. C’è sempre quel filo di speranza, e soprattutto quel filo di ignoranza verso il futuro che ti porta a dire: “in fondo cosa si può sapere degli sviluppi tecnici?” O quant’altro che faccia intravedere una scintilla di speranza. Io non lo so. Non lo so proprio. So che sono andato a trovarlo in ospedale. Prima mi hanno sterilizzato poi vestito e coperto bene per non portare batteri là dove non un esercito di spartani ma minuscoli, invisibili batteri incarnano l’esercito della morte. Entrai in quella sala, immensa, con gente che faceva il suo lavoro, normalmente, come la quotidianità impone. Con gente distesa sui letti. Chi più cosciente chi meno. Con altra gente accanto ai loro letti a guardarli, in qualche caso a parlargli. Io non ho proferito parola, io non avrei saputo nemmeno dove fermarmi. Mi ci hanno portato davanti a lui. L’ho visto là disteso. Il volto tumefatto, il corpo avvolto nel bianco, ho visto tanti tubi e una macchina accesa. Quella macchina era ormai una divinità, e lui San Francesco, non meno umile, non meno spartano, non più lontano dal vero.

Siamo ad agosto.

INDICE

Capitolo 1Premessa 
Capitolo 2Il resoconto
Capitolo 3Uno studente come tanti
Capitolo 4Il cameriere
Capitolo 5Parolacce
Capitolo 6La mamma di Guidotti
Capitolo 7Al pub
Capitolo 8Viaggio in pullman
Capitolo 9La Pina
Capitolo 10Le patate di Bonsciunesti
Capitolo 11Bonsciunesti
Capitolo 12Il trasloco a Novoli
Capitolo 13La manifestazione del sindacalista
Capitolo 14Binescu e il singhiozzo
Capitolo 15La mamma di Luca
Capitolo 16Il trasloco dalla vecchia
Capitolo 17Il trasloco e il giardino
Capitolo 18Il tredici
Capitolo 19L’incipit
Capitolo 20I rumorini mal celati
Capitolo 21Mihaela
Capitolo 22Il nome proprio
Capitolo 23Tiziano e la taverna del giullare
Capitolo 24La villa e il cameriere
Capitolo 25Il torpore
Capitolo 26Il grazie e il viola
Capitolo 27La spinta
Capitolo 28Il coliva
Capitolo 29L’aereo ultraleggero
Capitolo 30Gravi conseguenze di una stupida mistificazione
Capitolo 31La macchina
Capitolo 32Ciao Tiziano
Capitolo 33Il prurito
Capitolo 34Il rumore
Capitolo 35Helene e la terra senese
Capitolo 36Ser Lancillotto
Capitolo 37Il calendario cinese
Capitolo 38Il concorso a Spoleto
Capitolo 39Pensa
Capitolo 40Viaggio in aereo
Capitolo 41Niente
Capitolo 42Alcuni funerali in Romania
Capitolo 43L’oroscopo di Bonsciunesti
Capitolo 44Il nuovo mondo
Capitolo 45Il piatto rotto
Capitolo 46La telefonata
Capitolo 47Il profeta e il lato positivo
Capitolo 48Dubbi inutili
Capitolo 49Decisioni inutili
Capitolo 50Fine

PRESENTAZIONE

Il romanzo è un caleidoscopio di situazioni e personaggi esilaranti. Il tutto condito con una accentuata e riflessiva vena umoristica. L’agrodolce resoconto dell’annata di Andrea Vlad Dumitrescu, un giovane ricercatore italo-romeno. Tra Firenze, Bucarest e Bonsciunesti, lo sperduto paesettino di campagna fra la Valacchia e la Transilvania, il protagonista si trova immerso in lotte titaniche contro la sfiga, il tempo, l’astinenza sessuale ed un agognato contratto all’Università. Un moderno Don Chisciotte che al suo fianco non ha Sancho Panza bensì la sfiga. Uno scoppiettante e malinconico affresco di un anno della nostra chimerica esistenza.

stesso libro ma differente casa editrice

https://www.lafeltrinelli.it/libri/leonardo-massi/dio-plebeo-binescu-sfiga-e/9788827809884

https://www.mondadoristore.it/dio-plebeo-Binescu-sfiga-LEONARDO-MASSI/eai978882780988/

https://www.ibs.it/dio-plebeo-binescu-sfiga-andrea-libro-leonardo-massi/e/9788827809884?inventoryId=99084431

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